giovedì 12 aprile 2018

Interessi Generali

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Contro l'«Interesse Generale» ed il suo mondo
- A proposito del carattere immanente alle società capitaliste del contrasto fra interesse privato ed interesse pubblico, fra il settore privato e quello pubblico, ecc. -
di Clément Homs

È a partire già da molto tempo prima degli scioperi del 1995, che i movimenti sociali - non riuscendo ancora a superare il trattamento immanente delle contraddizioni del sistema patriarcale produttore di merci - affermano in maniera positiva (e si identificano con) l'interesse generale, l'interesse universale, i servizi pubblici, la politica, perfino anche la difesa dello Stato. A differenza di quel che dicono alcuni, non è questa l'unica caratteristica del cosiddetto ciclo di lotte cittadiniste e per la "democrazia radicale". Il ciclo della lotta di classe chiamato "programmista", aveva già assistito, a partire dalla fine del XIX secolo, all'interiorizzazione, da parte della classe operaia, della forma del soggetto moderno e alla sua "politicizzazione".
L'opposizione fra i «servizi pubblici» ed il «settore privato» è cieca per quel che attiene al legame intrinseco che unisce la sfera economica e la sfera politico-statale, le quali sono due sfere funzionali differenziate del medesimo sistema produttore di merci. E la cecità nei confronti di questo legame intrinseco, insieme all'assenza di una teorizzazione delle sfere differenziate nel funzionamento della vita moderna, riguarda in egual misura ciascun schieramento di partigiani di entrambi i poli.
Riavere di nuovo grande il «servizio pubblico»!, proclama la sinistra giacobina alter-capitalista, che difende la sfera statale-politica e che si occupa della riproduzione sociale dei rapporti sociale capitalistici al di fuori della sfera dell'economia d'impresa (dove «scorrono solamente le acque ghiacciate del calcolo egoistico», come dice Marx).
«Smantelliamo una ad una tutte le solidarietà frutto dello Stato sociale capitalista derivanti dal boom dell'accumulazione fordista», urlano da quarant'anni i neoliberisti, che nel processo di crisi non sanno più dove andare a sbattere la testa pur di riuscire a tirar fuori dallo sfruttamento qualche coccia di plusvalore in più. «I servizi pubblici» - questa categoria definita dai Codici amministrativi di ogni Stato capitalista del mondo - costituiscono una forma sorprendente che proviene loro dalla funzione di garante esercitata dallo Stato, ai fini della riproduzione sociale del sistema produttore di merci. E così, dal momento che il «settore privato» non si interessa ai mercati che non danno profitto, lo Stato deve giocare il suo ruolo di capitalista collettivo, seguendo l'idea che deve farsi carico di quei mercati.
In questa forma di vita nella quale il lavoro astratto e le sue forme fenomeniche sono per tutti la sostanza universale dell'esistenza, e sono allo stesso tempo il prodotto collettivo di tutti, la «dipendenza oggettiva» (Marx) degli individui socializzati in tal modo fonda la loro indipendenza personale. L'individuo moderno agisce in questa sfera economica dell'impresa, «come un uomo privato, che considera gli altri come se fossero dei mezzi, e si rivela essere egli stesso un mezzo; egli diventa il giocattolo di potenze a lui estranee» (Marx).

Dal ventre di una simile «socializzazione senza società» emerge «un mondo di individui atomizzati e disposti all'ostilità nei confronti degli uni verso gli altri». Questa sfera economica, «sfera dell'egoismo, del bellum omnium contra omnes», che dice Marx «non è più l'essenza della comunità, ma l'essenza della differenza». Non c'è più posto per alcun agire comune, né per una logica collettiva, o emotiva. «Il solo legame che la tiene insieme è la necessità naturale, è il bisogno e l'interesse privato, la conservazione della proprietà di ciascuno e della loro egoistica persona».
Il momento politico-giuridico delle relazioni sociali moderni e la sfera politico-statale nascono e si cristallizzano come nuove modalità dell'occupazione della vita da parte della merce, a partire dal fatto che questa socializzazione asociale, che avviene per mezzo del lavoro astratto, non prevede alcuna relazione sociale diretta e genera un malfunzionamento strutturale riguardo la riproduzione della forma della vita sociale come totalità concreta.
In maniera ancora limitata nel XVIII secolo, ed imponendosi in maniera definitiva nel XIX, la politica emerge storicamente in una forma che è stata temporaneamente tratta dalle contraddizioni, a livello della totalità, della sintesi sociale capitalista. In altre parole, la politica, ma anche il momento giuridico delle relazioni sociali moderne - in quanto vuoti che richiedono di essere colmati  -, trasuda da tutti i pori di questa società capitalista. Non esiste alcuna essenza trans-storica del politico, dell'animale politico, degli affetti spinozisti, dell'ipostasi della "sovranità", eterne stupidaggini in feedback, che vorrebbero spiegare in maniera astratta la genesi radicale della politica nel nostro mondo. È la socializzazione asociale capitalistica, quella che la genera in maniera logica come se fosse il suo contrario, a partire dal terreno della sua stessa esistenza, prima parzialmente a partire dal XVIII secolo, e poi a getto continuo fino ad essere dappertutto sui muri a partire dal XIX secolo. La filosofia politica borghese non ha mai smesso di naturalizzare e di trans-storicizzare, sotto "il politico" maschile, questa dimensione logicamente e storicamente inseparabile dai rapporti sociali capitalisti.
Questa situazione che costituisce "il politico", sia come mancanza che come il contenuto che egli cercherà di riempire, trasmuta immediatamente la forma della vita sociale capitalista in una vita politica, nel senso che quello che è un modo per soddisfare questo bisogno di politica che la divora continuamente, andrà a costituire i suoi complementi alimentari diretti in un'altra sfera separata. Le forme sociali di base del capitalismo, l'idra due teste della politica e della giurisprudenza, nasce brandendo già la sua lancia ed il suo scudo. Ben lungi dall'essere in contrapposizione, il politico e la politica possono essere compresi,nella loro relazione di auto-presupposizione complementare, come categorialmente legati. In questo modo, costituiscono una delle dicotomie dialettiche fondamentali della modernità. Il politico come mancanza, precede la politica, e questa, dando forma alle relazioni sociali, istituisce il contenuto politico che tenta di riempire. Così facendo, la formazione sociale moderna secerne continuamente, nella forma di un esterno immanente che reagisce ad un bisogno funzionale, che diversamente lo divorerebbe. una sfera politico-giuridica che diventa così il «polo che si oppone in maniera strutturale all'immanenza del sistema». Qui vediamo il secondo contenuto della genesi storica dello Stato che, sotto forma di un sistema funzionale, permetterà di stabilire delle relazioni dirette, e di prendere in considerazione l'universale e di occuparsi delle condizioni globali della riproduzione microsifica della forma della vita sociale capitalistica. La sfera politico-giuridica moderna opera principalmente grazie ai diversi tipi di mediazione; una formazione di relazioni sociali, già esse stette costretta dal vincolo muto del lavoro astratto, e tutto questo al fine di installare e "testare" le forme e le categorie sociale del processo che costituisce, e che in seguito riproduce il capitale feticcio e la sua dinamica immanente. Più in generale, si tratta di una sfera che si occupa degli aggiustamenti all'interno di una macchina, di un sistema che viene accettato in quanto tale. Ma questo sottosistema non coincide necessariamente, al suo livello più generale, con la sua particolarizzazione nella forma Stato.

E contrariamente a quello che vuole ancora credere una sinistra che afferma un «ritorno alla politica» rinchiuso nelle categorie dell'ontologia capitalista, la politica non si oppone affatto all'economia, e viceversa. La "politica" e "l'economia" non sono altro che delle sfere all'interno di una stessa totalità sociale, dei sottosistemi complementari, ostili ed interdipendenti. Questa opposizione fra, da un lato l'universale astratto e l'interesse generale (la politica e lo Stato), e, dall'altro lato, il "soggetto particolare" e l'interesse privato (l'economico), non è un'opposizione fra degli ideali che rimandano al di là del capitalismo, come si vorrebbe che si credesse.
Ma al contrario, come sottolinea Moishe Postone, in quanto opposizione, «essa è una caratteristica di questa società ed è radicata nella modalità stessa di costituzione sociale mediata dal lavoro». È soprattutto a partire dal XVIII secolo che si vede progressivamente emergere questo tratto distintivo della forma di vita sociale capitalista che rappresenta lo sdoppiamento differenziato ed ostile, in una sfera economica e in una sfera politico-giuridica, che viene compresa da alcuni, come Karl Polanyi, in maniera maldestra come un "disincastro".
La sfera statale-politica che viene partorita all'interno di ciascuna società capitalista, si occupa, come dice Marx, delle sempre maggiori "spese extra" della produzione di ricchezza capitalista che derivano dallo sviluppo delle forze produttive. Lo Stato perciò incarna, in maniera sempre più ampia, l'istanza generale che costituisce il quadro esterno della valorizzazione del capitale, mettendo a disposizione - in quanto condizioni generali indispensabili al funzionamento e alla riproduzione della società capitalista - le risorse che andranno a costituire la piattaforma di ogni processo individuale di valorizzazione sul territorio dello Stato in questione. Qui troviamo le infrastrutture necessarie all'accumulazione del capitale (trasporti in generale, logistica portuale ed aereoportuale, elettrificazione, comunicazioni, viabilità delle zone produttive e di consumo delle merci, ecc.), ma anche il ruolo dello Stato visto come garante della riproduzione degli individui in quanto merce, attraverso i "servizi pubblici", l'invenzione del settore del "sociale", del sistema sanitario e di un sistema pubblico di formazione della manodopera da sfruttare e delle altre forme di lavoro necessario alla produzione del plusvalore relativo e alla distribuzione/vendita delle merci.

- Clément Homs -

fonte: Palim Psao

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